giovedì 15 settembre 2011

Il governo Sordo


Manovra/ Rehn: Più misure per crescita e liberalizzazioni

Aprire al mercato "servizi pubblici locali e professioni"



Per l'Italia è "essenziale continuare e intensificare il consolidamento di bilancio, come è stato fatto ora" con la manovra finanziaria, ma è anche "importante" che il Paese "continui e intensifichi le misure di stimolo alla crescita economica e restaurino la fiducia nell'economia". lo ha detto oggi a Bruxelles il Commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, durante la conferenza stampa di presentazione delle previsioni economiche intermedie dell'Esecutivo comunitario, che vedono, tra l'altro, un sostanziale rallentamento (al 0,7%) della crescita del Pil italiano nel 2011. "E' importante - ha sottolineato il commissario sempre a proposito dell'Italia - affrontare i problemi del mercato del lavoro e di quello dei prodotti, per aumentare la produttività". La manovra finanziaria è "un passo nella direzione giusta", ma "c'è bisogno di ulteriori liberalizzazioni, in particolare nei servizi pubblici locali e nelle professioni", ha concluso Rehn.




Fonte: TMNews

mercoledì 7 settembre 2011

Nessun emendamento passa e vince ancora il regio decreto del 1932, che paese moderno!!!


Manovra. Respinto emendamento su sanatoria parafarmacie. Sì al numero chiuso per le farmacie
 
E' finito ieri l'esame degli emendamenti alla manovra in commissione Bilancio del Senato. Approvata la proposta di modifica che stabilisce che il numero di persone titolate ad esercitare una professione debba rimanere limitato per le professioni “connesse alla salute umana”. Respinta invece la proposta di permettere a una parafarmacia di trasformarsi in una farmacia non convenzionata.
 
05 SET - In attesa della presentazione in Aula del maxiemendamento del Governo, la commissione Bilancio ha concluso nella serata di ieri l’esame degli emendamenti alla manovra portando, in particolare, due importanti novità per le farmacie.
Con l’emendamento 3.32 testo 2  all'articolo 3 sulla liberalizzazione delle professioni, a firma del senatore Battaglia (Pdl), la commissione ha infatti stabilito l’importanza di salvaguardare il numero chiuso di farmacie specificando nella norma che per le professioni connesse alla salute umana” deve essere consentita “la limitazione del numero di persone che sono titolate ad esercitare” quella professione. “Se il settore dei servizi sanitari venisse abbandonato al libero mercato – si specifica infatti nella relazione tecnica -, le logiche che presiederebbero alla dislocazione dei detti servizi non sarebbero più quelle della facile accessibilità, della capillarità e dell'universalità del servizio ma solo quelle della convenienza economica".
Respinto invece l’emendamento 6.0.20 del senatore Piccone, che prevedeva, tra l’altro, la possibilità per una parafarmacia di trasformarsi in una farmacia non convenzionata dietro pagamento di una tassa di concessione una tantum di 300mila euro.
Il futuro della manovra resta comunque incerto, nell’attesa di verificare i provvedimenti che saranno contenuti nel maxiemendamento governativo nel quale potrebbero o meno confluire gli emendamenti approvati dalla commissione.

Fonte: www.quotidianosanita.it

venerdì 2 settembre 2011

...Potrebbero!


Parafarmacie, blitz da un miliardo

In Italia ci sono tremila parafarmacie

Potrebbero diventare farmacie pagando 300 mila euro.
Ma entrambe le categorie
sono contrarie

ROSARIA TALARICO
ROMA
Nella fretta di riuscire a trovare una copertura all’imponente manovra da 45 miliardi ogni giorno spuntano proposte nuove e più o meno fantasiose da parte dei vari parlamentari. Ieri è stata la volta delle parafarmacie, identificate come il mezzo attraverso cui raggranellare un miliardo di euro. Come? Facendo pagare una sorta di licenza (costo 300 mila euro) per potersi trasformare in farmacie tradizionali. La proposta è di un gruppo di parlamentari del Pdl capeggiati dal senatore Filippo Piccone, non nuovo all’argomento. Lo stesso emendamento lo aveva infatti presentato per inserirlo nel decreto Milleproroghe e anche per racimolare denaro per la ricostruzione post terremoto a L’Aquila. L’idea è di trasformare le oltre tremila parafarmacie in vere e proprie farmacie in modo da recuperare risorse per la manovra finanziaria. Per ottenere una licenza di vendita dei farmaci, sarebbe previsto un esborso volontario di circa 300 mila euro.

Gli emendamenti alla manovra che riguardano i farmacisti non titolari di farmacia sarebbero quattro. Sia quelli di opposizione che di maggioranza vanno nella direzione di una liberalizzazione della professione, prevedendo l’istituzione della farmacia non convenzionata. In queste farmacie il prezzo della vendita dei medicinali, esclusi quelli di fascia C, è libera. Mentre i farmaci prescritti dai medici sui ricettari del Servizio sanitario nazionale restano invece di pertinenza delle sole farmacie convenzionate. Le reazioni alla proposta sono unanimemente contrarie, sia da parte dei farmacisti che dei parafarmacisti. Entrambi i rappresentanti delle due categorie parlano di “sanatoria”.

Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti è più che diretto: «Se passasse questa proposta, verrebbero lesi i diritti dei collaboratori dei farmacisti che con il loro lavoro acquisiscono punteggi per partecipare ai concorsi. Si andrebbe a scapito di questa grande maggioranza di lavoratori». Per Mandelli bisogna chiamare le cose con il proprio nome: «È una sanatoria, inutile girarci intorno. Per noi è inaccettabile. Tutte le ricerche mostrano che il servizio fornito dalle farmacie è il migliore, più di quelli forniti da supermercati o studi medici. I cittadini verrebbero privati di questa possibilità».

Incredibilmente il discorso non cambia di molto sul fronte dell’Associazione nazionale delle parafarmacie. «Non è questa la strada per andare in paradiso. Sono tentativi per fare pubblicità al di fuori di ogni possibilità di realizzazione - spiega il presidente Lino Busà - è un discorso che non condividiamo perché è illusorio ottenere delle sanatorie. La parafarmacia deve restare un'attività di vicinato e deve piuttosto essere data la possibilità di vendere medicinali della fascia C, quelli che sono dispensati senza onere per il servizio sanitario aumentando così la gamma dei prodotti».

Per la trasformazione in farmacia non convenzionata dovrebbe essere pagata una tassa di concessione una tantum. In ogni caso sono esclusi da questa possibilità i titolari di farmacie convenzionate o le società di capitali. Anche il commento di Annarosa Racca, presidente di Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacia è assolutamente negativo: «Sono sicura che il governo, che tiene alla salute dei cittadini, non prenderà in considerazione gli emendamenti, perché scardinano il sistema farmaceutico italiano, che è il migliore al mondo». Unica voce parzialmente fuori dal coro è Giuseppe Scioscia, presidente del Forum nazionale parafarmacie che raggruppa le oltre tremila parafarmacie italiane: «Dei quattro emendamenti ne passi almeno uno. Come farmacisti da anni lottiamo per esercitare liberamente la nostra professione e il nostro obiettivo principale è sempre stato la nascita della farmacia non convenzionata». Ma l’emendamento su cui si sofferma la sua attenzione è quello del Pd-Idv per la vendita della fascia C, «che auspichiamo da mesi. Speriamo ora non intervengano i soliti amici delle lobby».

FONTE: LA STAMPA

giovedì 1 settembre 2011

CEDESI FARMACIA A "PARAFARMACISTI" PER 300.000 euro!!


LE INDISCREZIONI

Finanziaria, torna l'ipotesi quarto condono

Da accompagnare al pacchetto anti evasione da 2 miliardi.
Non se ne è discusso in Consiglio dei ministri:  al vertice, durato solo 15 minuti, assente il ministro Giulio Tremonti, non è stata affrontata la spinosa questione della manovra bis, ma lo snellimento del processo civile. Così, dopo i colpi di scena degli ultimi giorni, continuano a moltiplicarsi scommesse, previsioni e indiscrezioni, su quali norme potrebbero essere inserite all'ultimo nel maxi emendamento atteso il 1 settembre in Senato.
PACCHETTO ANTI-EVASIONE, CON CONDONO. I tecnici del ministero dell'Economia, nella tarda serata del 31 agosto, hanno presentato a Palazzo Chigi  il pacchetto anti-evasione che, hanno calcolato, dovrebbe valere oltre 2 miliardi. La misura comprende il rafforzamento del redditometro, cioè degli strumenti per accertare il tenore di vita reale dei soggetti a rischio evasione, in primo luogo con il potenziamento delle indagini sull'anagrafe dei conti bancari e con accertamenti automatici nei casi sospetti. Con i Comuni chiamati a pubblicare i redditi dei cittadini. Sarebbe previsto, nonostante i dubbi espressi dal premier Silvio Berlusconi, anche l'inasprimento delle pene per gli evasori, fino al carcere. Ma, tra le fila della maggioranza, è spuntata l'idea di accompagnare il pacchetto con un nuovo condono, il quarto, questa volta chiamato 'concordato', che potrebbe portare nelle casse statali ben 4 miliardi.
SOTTO IL CONTROLLO UE. Secondo quest'ipotesi, una volta accertato un maggiore imponibile Irpef, l'evasore di turno potrebbe sanare il 'nero' pagando un'imposta forfettaria una tantum. Anche se la commissione Europea, che ha chiesto più volte riforme strutturali, potrebbe esprimere obiezioni o addirittura il veto sulla norma.
Tra i punti di valore ci sarebbe un giro di vite sulle società di comodo, con l'aumento del livello minimo oltre il quale scatta l'imposizione fiscale. Per le società in perdita da tre anni è prevista l'assimilazione alle società di comodo, mentre per gli esercizi commerciali con un giro d'affari nettamente superiore a quello indicato dagli scontrini fiscali emessi potrebbe scattare la sospensione della licenza e la pubblicazione del nome sui giornali. Per le cooperative, invece, è stato programmato un rialzo del 10% della tassazione sugli utili accantonati a riserva, ora bloccata al 30%.
VENDITA DI LICENZE ALLE PARAFARMACIE. Archiviata la norma sulle pensioni - «Era un'idea di Sacconi», avrebbe detto il premier, «L'abbiamo stralciata ascoltando i sindacati» -, sia i parlamentari Pdl che l'opposizione hanno presentato emendamenti sulla liberalizzazione delle farmacie, in particolare con norme a favore dei titolari di parafarmacie, che diventerebbero farmacie non convenzionate, in cui è libero il prezzo della vendita dei medicinali,  a eccezione della fascia C, cioè dei  farmaci distribuiti sotto prescrizione.
L'emendamento presentato per il Pdl,  dal senatore Filippo Picone, prevede che per la trasformazione di una para-farmacia in una farmacia non convenzionata debba essere pagata una tassa di concessione una tantum di 300mila euro. Considerato che le parafarmacie italiane sono almrno 3 mila, la vendita delle licenze permetterebbe di recuperare fino a un miliardo di euro.
DISMISSIONE DEGLI IMMOBILI E GIALLO SULL'IVA.  Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, durante una conferenza stampa nella sede della presidenza del consiglio, ha annunciato il ricorso alla dismissione di alcuni immobili del suo dicastero inutilizzati, per reperire risorse che vadano «all'abbattimento debito pubblico». «Personalmente», ha aggiunto La Russa, «io avrei fatto un pensiero all'Iva, alzando l'imposta di un punto o di mezzo punto, ma ci sono menti più esperti della mia che stanno al lavoro».
L'incremento dell'imposta sui consumi di un punto percentuali varrebbe 3,7 miliardi, ma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, vorrebbe rimandare l'intervento al varo della legge delega sulla riforma fiscale, o a fine anno, se fossero necessarie entrate aggiuntive.
 
Giovedì, 01 Settembre 2011
FONTE: http://www.lettera43.it/economia/macro/24775/manovra-pacchetto-anti-evasione-da-2-mld.htm

martedì 23 agosto 2011

Adda passà 'a nuttata!

Liberalizzazione delle professioni e Ordini. Il commento di Lepre (magistrato) sulla manovra bis
Antonio Lepre, magistrato ordinario presso il Tribunale di Napoli, commenta per Quotidiano Sanità l’art. 3 della manovra bis sulla liberalizzazione delle professioni e gli Ordini professionali.
23 AGO - L’art 3 del decreto legge n. 138/2011 (la manovra di ferragosto) al quinto comma si occupa degli ordini professionali in generale, ivi compresi quindi quello dei medici e farmacisti.
Ma è bene partire dal primo comma, cioè dall’inizio per capire il livello a cui il nostro legislatore è giunto: dalla politica degli annunzi ai decreti legge degli annunzi….
Il primo comma, infatti, annunzia che prima o poi si farà una riforma dell’art. 41 Cost. sulla libera iniziativa economica: quando, in che modo e che bisogno c’è di scriverlo in una norma ordinaria?! In secondo luogo, afferma che, nel frattempo, Comuni, Province, Regioni, Stato adegueranno i propri ordinamenti al principio (oppure slogan?) che è permesso tutto ciò che non è vietato: un altro annunzio ai cittadini elettori, basti pensare al fatto che lo Stato è lo stesso legislatore, sicché quest’ultimo dice a se stesso che entro un anno farà quello che avrebbe potuto fare subito…

Ma la cosa simpatica è un’altra: il testo del decreto è di rara ambiguità. Infatti, annunzia che il principio di libertà economica si applicherà “nei soli casi di: a) vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario…; b) contrasto coi principi fondamentali della Costituzione….; c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…; d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, conservazione delle specie animali (…) dell’ambiente…; e) disposizioni che comportano effetti sulla finanza pubblica….”.
Cosa ha voluto dire il legislatore? Che il predetto principio/slogan di libertà deve applicarsi in tutti questi settori? Cioè si è inteso affermare che è permesso tutto ciò che non è vietato nel campo della protezione della salute umana e dell’ambiente, della libertà e dignità umane? Ebbene, il significato letterale della norma sembra un po’ anomalo per evidenti ragioni: pare quanto mai singolare dire che nel settore della salute si possa fare ciò che si vuole…Infine, quale principio opererebbe per tutti i settori esclusi dalla descritta elencazione? Per gli altri settori si da per scontato che il principio di libertà già operi oppure si presume tutt’altro?
Forse, vista la inverosimiglianza della prima interpretazione, il frettoloso legislatore ha scambiato la regola con l’eccezione, atteso che i settori predetti dovrebbero costituire l’eccezione al principio di libertà economica e non già il suo campo di elezione. Ed è interessante notare come il comunicato FOFI pare dia per scontato che quei settori siano l’eccezione e non già la regola, sorvolando benevolmente sull’imbarazzante refuso.
Questo è il contesto in cui si inserisce il comma 5, che coerentemente annunzia che nel futuro dovranno riformarsi gli ordini professionali entro 12 mesi nel rispetto di principi elencati come una sorta di lista della spesa (ad esempio, è previsto – sempre nel futuro – un equo compenso per i tirocinanti, la pattuizione scritta dell’onorario dovuto al professionista, l’istituzione di organi di disciplina ad hoc).

Nell’ottica dei medici, la previsione più interessante è quella secondo cui (ma sempre nel futuro cioè una volta che si attuerà la riforma: almeno così pare di capire) “a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale”. Sembrerebbe trattarsi di una sorta di assicurazione obbligatoria per i giudizi di responsabilità, il che potrebbe anche essere una cosa corretta in astratto, ma non certo per come è concepita, posto che l’obbligo sembra gravare sul solo professionista (e poi grava – come sembrerebbe - solo su chi esercita la libera professione oppure anche sul medico dipendente di struttura pubblica o privata ?)
Infatti, non è previsto un meccanismo di assicurazione obbligatoria come nella r.c.a. tradizionale. Non si prevede cioè l’obbligo delle compagnie assicurative di stipulare la polizza assicurativa e un conseguente sistema di controlli pubblici: tale obbligo incombe solo sui professionisti. Come dire, questi ultimi rischiano di dover letteralmente andare, per così dire, “a caccia” della migliore offerta di contratto, il che significa esporli potenzialmente a costi enormi considerato l’eterno e surrettizio stato di immobilismo (per non dire di cartello) che cateterizza il sistema assicurativo: l’agnello tra i lupi. Dove ictu oculi l’agnello sono i medici e i lupi le imprese assicurative.
E’ da augurarsi che almeno su questo il legislatore ci ripensi e che l’ordine professionale dei medici giustifichi la sua esistenza facendo sentire la propria voce: non si può prevedere un obbligo di assicurazione per il medico in modo così generico, confuso e non garantista per il professionista in un sistema economico bloccato come quello italiano e dove è quasi del tutto assente ogni seria competizione tra le varie compagnie assicurative.
La norma, poi, concede che le condizioni delle polizze potranno essere negoziate dai Consigli nazionali e degli enti previdenziali delle rispettive categorie: norma inutile, posto che già pacificamente lo potevano fare e spesso già lo facevano.
Nel contempo, si conferma l’eliminazione dell’obbligo dei c.d. minimi tariffari, altro slogan sbandierato come liberalizzazione (fu una delle infauste “lenzuolate” dell’allora ministro Bersani, che tutto fece tranne che liberalizzare in senso proprio). Chi ha un minimo di conoscenza di cosa sia accaduto nel settore degli affari legali, sa bene che la c.d. liberalizzazione delle tariffe è stato l’ennesimo regalo fatto dal legislatore alle due realtà economiche che già dominano il mercato: le assicurazioni e le banche. Tali soggetti, infatti, il giorno dopo l’eliminazione dei minimi tariffari hanno convocato i propri legali e professionisti vari (anche medici) e hanno detto loro molto semplicemente: o firmi l’accordo su un compenso spesso semi irrisorio oppure sei fuori. E’ inutile dire quale sia stata la risposta della stragrande maggioranza dei professionisti, specie in un periodo in cui avere come committente una assicurazione o una banca rappresenta spesso la vera unica fonte di guadagno… I singoli cittadini/clienti, infine, non hanno avvertito alcun beneficio da questa pseudo liberalizzazione, posto che il singolo sceglie il professionista al 99% in base a valutazioni basate soprattutto se non esclusivamente sulla fiducia personale.

Insomma, dal decreto sulla liberalizzazione si evince che: a) il legislatore un giorno farà qualcosa e nel frattempo sbaglia a scrivere in italiano; b) gli ordini professionali non solo non sono abrogati, ma anzi vengono, in una certa misura, valorizzati nella loro funzione parapubblicistica, prevedendo l’obbligo di creare organismi di disciplina ad hoc; c) in ogni caso, le vere riforme degli ordini si faranno entro 12 mesi, periodo sufficiente perché intervengano altre leggi; d) in questa Babele di annunzi, si coglie l’occasione per confermare i favori alle lobbies veramente forti del mercato, rassicurandole sul fatto che entro 12 mesi avranno un nuovo grazioso dono.

L’assenza della Politica e di una cultura dietro di essa è vistosa, il Paese è letteralmente in pasto alle varie corporazioni con danni enormi al cittadino di tutti i giorni, ivi compreso il medico, il farmacista, l’avvocato, il giudice e il bottegaio che quotidianamente svolgono con onestà il loro mestiere.
Cadono le braccia, verrebbe da dire: game over, partita chiusa.
Ma chi scrive è napoletano, e allora ben allenato alle difficoltà del vivere e da ultimo anche avvezzo a muoversi tra cumuli di spazzatura non solo simbolici ma maleodoratamente concreti e Napoli insegna a tenere duro e a sperare sempre con dentro il cuore il grande Eduardo: adda passà ‘a nuttata…

Antonio Lepre (Magistrato)

FONTE: www.quotidianosanità.it

sabato 20 agosto 2011

Tabaccai, farmacie e taxi: la manovra spiana la strada alle liberalizzazioni


Altro che lenzuolate, la Manovra finanziaria fa sul serio: negozi in città aperti anche di domenica, a Natale o Ferragosto, addio al numero chiuso per farmacie, taxi, tabaccai, edicole e per tutte le attività contingentate in base al bacino di utenza. «L’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge». Liberalizzazioni inizialmente soggette a sperimentazione nella manovra di luglio (limitate alle località turistiche e alle città d’arte) e che nella nuova bozza tremontiana saranno applicata in tutta Italia. Anzi: l’adeguamento di Comuni, Province e Regioni «costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli enti» in base al «nuovo patto di stabilità interno».

Il passo più significativo è sicuramente la deregulation degli esercizi: se il testo non sarà emendato, le licenze non avranno più vincoli per «area geografica, popolazione e criteri di fabbisogno». Il che significa che ci potrebbero essere due farmacie o due tabaccherie nella stessa strada e nessuna nelle periferie poco appetibili commercialmente. Liberalizzazione tout-court, anche se, si legge nella manovra, «singole attività economiche possono essere escluse» con decreto del presidente del Consiglio e «la fase successiva sarà un regolamento e il passaggio in Conferenza Stato-Regioni e in quel contesto andranno valutati i settori di intervento», come precisa Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo.

LE REAZIONI Il partito di Bersani, che pure si è sempre detto favorevole alle liberalizzazioni, rimane scettico davanti alle misure adottate dal governo. «La norma serve al governo per avere il titolo “liberalizzazioni” nella manovra perché glielo chiedeva l’Europa. In realtà colpendo tutto non colpisce nessuno, perché il governo non ha interesse a toccare determinati settori», attacca Antonio Lirosi, responsabile diritti dei consumatori del Pd. Critica anche la Cgil. «Il consumo non aumenta aumentando le aperture nel commercio ma incrementando la quota di reddito disponibile al consumo».


FONTE:http://www.online-news.it/2011/08/20/tabaccai-farmacie-e-taxi-la-manovra-spiana-la-strada-alle-liberalizzazioni/


Vuoi vedere che si realizza il peggior incubo dei nostri colleghi? Volevano eliminarci introducendo le confezioni starter da far vendere ai tabaccai e baristi, invece sembra proprio che saremo noi a "dispensare" sigarette e caffè accanto a tutti i farmaci!! Non ci credo, finché non vedo non ci credo!!!!


mercoledì 20 luglio 2011

MONOPOLI - Chi sarà il prossimo a saltare?

Carburanti low cost? Eni non ci sta e fa ricorso al Capo dello Stato

Conad è una cooperativa di imprenditori indipendenti, da poco entrata nel business dei carburanti, con appena 11 distributori sul territorio.

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Conad è una cooperativa di imprenditori indipendenti, da poco entrata nel business dei carburanti, con appena 11 distributori sul territorio.


















Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
Cesena - Eni, la società petrolifera italiana colosso nel settore degli idrocarburi, ha fatto ricorso straordinario al Capo dello Stato contro il Comune di Cesena e la Provincia di Forlì-Cesena per bloccare l’apertura di un distributore di benzina targato Conad, appellandosi ad un uso corretto della concorrenza.

Motivo del contendere: l'apertura di un solo distributore di benzina a Cesena. "Concorrenza sleale e concessione illegittima". Ma si tratta di un confronto impossibile: l'azienda petrolifera possiede 4542 impianti, il consorzio di cooperative che si occupa prevalentemente di generi alimentari solo 11. Pochi, ma quanto basta per scomodare addirittura il capo dello Stato.

Conad è una cooperativa di imprenditori indipendenti associati da poco entrata nel business dei carburanti, con appena 11 distributori, aperti dal 2005 al 2011, risultato finale di infinite difficoltà burocratiche da superare, con decine di domande per l’apertura di nuovi impianti ancora inevase sui tavoli di tante Regioni, dal nord al sud.

C’è da dire che, secondo gli ultimi bilanci e statistiche, Conad con i propri carburanti a marchio garantisce alle famiglie risparmi importanti: nel portafoglio degli automobilisti, in sei anni, sono rimasti 16,5 milioni di euro, senza tralasciare le ricadute positive sul costo del trasporto delle merci e dei beni di largo consumo. Né va dimenticato che ogni impianto Conad ha una produttività superiore ai 10,5 milioni di litri rispetto alla media della rete italiana dei distributori, ferma a 1,6 milioni di litri.

Una concorrenza piccola, ma che riesce a disturbare il colosso petrolifero. E’ stato così che l’Eni ha chiesto la sospensione degli effetti della delibera che introduce una modifica al Piano regolatore generale di Cesena, perché considera l’apertura dell’impianto, parliamo di un solo impianto, non tollerabile per il mercato: "L’Eni ha chiesto la sospensione degli effetti della delibera perché dagli atti emerge l’illegittimità della variante al Programma integrato di intervento con riferimento alla realizzazione dell’impianto di carburante per autotrazione … e considerata in particolare la distorsione della concorrenza determinata da una previsione urbanistica a beneficio esclusivo e privilegiato di soggetti privati, posto che da tale previsione deriva ad Eni un gravissimo pregiudizio nell’operatività concorrenziale degli impianti di distribuzione di carburante in Cesena…", racconta Conad. "Un distributore di carburante che, nei fatti, Eni valuta una proposta di concorrenza sleale, distorsiva per il mercato. Ciò accade in un Paese che invece avrebbe bisogno di modernizzazione e liberalizzazioni per rilanciare il sistema Italia e difendere il potere d’acquisto delle famiglie, messo sempre più in crisi, e in cui il costo dei carburanti continua a crescere in modo incontrollato quanto esagerato", aggiunge Conad.

Ma c’è una differenza fondamentale da rilevare, che spigherebbe in cosa consiste il "gravissimo pregiudizio all’attività concorrenziale" che ha tanto indignato il gigante petrolifero: la vendita. A quanto risulta dai prezzi medi mensili pubblicati dal ministero dello Sviluppo economico al 18 luglio 2011, la differenza tra i prezzi medi della rete degli impianti Conad e quelli media Italia è: -8,7 centesimi di euro al litro per la benzina, -7,9 centesimi di euro al litro per il gasolio e -7,3 centesimi di euro al litro.

Com’è possibile? La causa è un misto fra self service e l’erogazione continua che permette di mantenere bassi i prezzi. In un momento in cui ogni persona deve risparmiare il centesimo, e in cui per evidenti cause di politica economica internazionale il costo dei carburanti continua a crescere, il contenimento dei prezzi dovuto alla concorrenza non è un dettaglio. Lo dimostra il fatto che alle pompe di benzina Conad alle 02 di notte, troviamo la coda. La liberalizzazione del mercato, attuata da Bersani nel 2007 consente anche questo: prezzi competitivi che il vadano incontro al potere d’acquisto dei consumatori.

Secondo il direttore generale di Conad, Francesco Pugliese, la reazione dell’Eni preoccupa ancor più perché cade in un momento di forti difficoltà economiche per le famiglie. Impedire o cercare di porre un veto alle liberalizzazioni quando la stessa Comunità europea ne reclama la corretta attuazione è un controsenso. Fino ad oggi, nei nostri impianti, gli automobilisti hanno risparmiato 20,2 milioni di euro; è un risultato che non accettiamo sia mascherato accusandoci di concorrenza distorsiva".

Entro la fine dell’anno, Conad ha in cantiere l’apertura di nuovi impianti (48 in giacenza) in Piemonte, Sardegna, Lazio, Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna, dove per ora se ne trovano tre: Baggiovara (Modena), Faenza (Ravenna), Bibbiano (Reggio Emilia).

L’Eni, interpellata sull’argomento, al momento non ha risposto. Nonostante la richiesta, nella giornata di ieri, dagli uffici relazioni con la stampa non è stata fornita nessuna versione sulla vicenda contenzioso Conad.